14/6/2023

Demenze, infezioni e vaccini: 30 anni di dibattiti

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Un recente studio riporta gli atti di un incontro virtuale convocato dallo European Interdisciplinary Council on Ageing (EICA), per discutere il coinvolgimento delle malattie infettive nella patogenesi della demenza e dei disturbi neurologici che portano alla demenza.

L'articolo ribadisce come la visione dell'eziologia infettiva della demenza sia cambiata negli ultimi 30 anni alla luce delle prove emergenti e presenta le prove a sostegno dell'implicazione delle infezioni nella demenza, in particolare nella malattia di Alzheimer (AD).

Nell’articolo sono presi in esame i batteri e i virus ritenuti responsabili della neuroinfiammazione e del danno neurologico.

Vengono poi considerate le basi genetiche della neuroinfiammazione e della demenza, evidenziando i geni che sono attualmente al centro dell'indagine come potenziali bersagli delle terapie.

Successivamente, viene descritta l'ipotesi antimicrobica della demenza, in particolare l'intrigante possibilità che il beta amiloide possa di per sé possedere proprietà antimicrobiche.

Viene descritta la rilevanza clinica dell'asse intestino-cervello nella demenza, i meccanismi attraverso i quali l'infezione può spostarsi dall'intestino al cervello e le recenti scoperte riguardanti i modelli di disbiosi nei pazienti con Alzheimer.

Viene esaminato il coinvolgimento di agenti patogeni specifici nei disturbi neurologici, ad esempio del virus SARS-CoV-2, di quello dell'immunodeficienza umana (HIV), del virus dell'herpes simplex di tipo 1 (HSV1) e dell'influenza.

Infine, gli autori dello studio esaminano il ruolo della vaccinazione per prevenire la demenza.

Negli ultimi decenni, ci sono stati progressi eccezionali nella comprensione del ruolo dei microrganismi nella neuroinfiammazione e nella demenza. Tuttavia, i risultati preclinici incoraggianti non si sono tradotti in risultati di impatto simile negli studi sull'uomo.

Le interazioni tra individui, genetica, fattori ambientali e di stile di vita, microbi e risposta immunitaria sono straordinariamente complesse. Proprio come c'è un'ampia eterogeneità nel processo di invecchiamento tra gli individui, così c'è una varietà simile nella risposta individuale all'infezione.

Dobbiamo essere consapevoli che potrebbero trascorrere anni o addirittura decenni tra un'infezione primaria e l'inizio successivo del declino cognitivo. Il monitoraggio dei processi di azione durante l'intero periodo intermedio dovrebbe essere l'obiettivo di studi futuri.

L'identificazione dei marcatori infiammatori precoci, i biomarcatori della demenza e il follow-up a lungo termine degli studi sul microbiota intestinale, sono necessari per aiutare a monitorare la progressione dall'infezione alla disfunzione cognitiva.

Un'opzione preventiva particolarmente allettante è l'uso più ampio dei vaccini per prevenire l'infezione, mitigando così i possibili effetti dannosi dell'infezione sul cervello, con il potenziale di declino cognitivo.

Gli autori concludono che «il punto di partenza (l'infezione) e il punto di arrivo (la demenza) sono entrambi noti, ma la strada dall'uno all'altro è lunga e rimane un territorio in gran parte inesplorato da indagare».


Per saperne di più:

Dementia, infections and vaccines: 30 years of controversy.
Ecarnot F, Boccardi V, Calcagno A, Franceschi C, Fülop T, Itzhaki RF, Michel JP, Panza F, Rainero I, Solfrizzi V, Ticinesi A, Veronese N, Maggi S. Aging Clin Exp Res. 2023 May 9. doi: 10.1007/s40520-023-02409-8. Epub ahead of print. PMID: 37160649.

Per approfondire:

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