Una
revisione sulla
relazione tra i
livelli di inquinamento atmosferico e l’epidemia di
COVID-19 ha ricercato in PubMed, Web of Science e Scopus gli studi sugli effetti degli
inquinanti nocivi (incluso il particolato con diametro ≤2,5 o 10 μm, l’ozono, il biossido di azoto, l’anidride solforosa e il monossido di carbonio), sul numero di casi,
gravità e
decessi per COVID-19 in Europa e Nord America
fino al 19
giugno 2021.
Gli articoli erano inclusi se misuravano quantitativamente la relazione tra esposizione all'inquinamento atmosferico e l’impatto di COVID -19.
Da
2482 articoli identificati, sono stati
selezionati 116 studi che riportavano 355 stime separate di inquinanti e COVID-19. Circa la metà di tutte le valutazioni sull'
incidenza erano associazioni positive e significative (52,7%); per la
mortalità il dato corrispondente era simile (48,1%), mentre per la
gravità non fatale tale valore era inferiore (41,2%).
L'
esposizione a lungo termine agli inquinanti sembra più probabilmente associata positivamente all'
incidenza di COVID-19 (63,8%): nello specifico, il particolato PM
2.5, PM
10, l'ozono (O
3), il biosido di azoto (NO
2) e il monossido di carbonio (CO) erano più fortemente associati positivamente all'incidenza di COVID-19 e PM
2.5 e NO
2 con i decessi per COVID-19.
Tutti gli
studi considerati erano
osservazionali e la maggior parte mostrava un alto rischio di
confondimento e
bias nella misurazione dei risultati.
Risultati dello studio su gravità di COVID-19 e fattori ambientali
La
figura 2 (vedi sotto oppure clicca sul link e vai all'articolo) evidenzia il rapporto tra
inquinamento atmosferico e
casi/diffusione di COVID-19,
ricoveri e
decessi. Include tutti i
paesi e gli
inquinanti. “None” è utilizzato quando non è stata trovata alcuna associazione statisticamente significativa.
La
figura 3 (clicca sul link e vai all'articolo) rappresenta le relazioni riscontrate tra
inquinanti specifici e
casi/diffusione di COVID-19,
ricoveri e
decessi.
Complessivamente, tra i primi cinque inquinanti analizzati PM
2.5 , PM
10 ,O
3 ,NO
2 e CO, gli studi rilevano più frequentemente che la
diffusione/casi di COVID-19
aumentano all'aumentare degli inquinanti.
PM2.5 e NO2 sono anche più frequentemente associati a un
maggior numero di decessi.
Invece, per
PM10 e
O3 il risultato più frequente
non è una relazione statisticamente significativa con i
decessi COVID-19.
La
figura 4 (vedi sotto oppure clicca sul link e vai all'articolo) mette in evidenza la
relazione tra
inquinamento atmosferico e
casi/diffusione di COVID-19,
ricoveri e
decessi suddivisi
per lunghezza o
esposizione all'inquinamento atmosferico.
La
misura dell'esposizione all'inquinamento atmosferico è classificata come “
a lungo termine” se è di un anno o più. Due studi hanno esaminato l'esposizione sia a breve che a lungo termine e i loro risultati sono riportati separatamente per ciascuna valutazione. Vengono omessi due studi in cui la durata della misura dell'inquinamento non è chiara (14 valutazioni).
La
figura 5 (clicca sul link e vai all'articolo) evidenzia il
rapporto tra
inquinamento atmosferico e
casi/diffusione di COVID-19,
ricoveri e
decessi suddivisi per Paese.
Secondo gli autori pertanto:
- l’inquinamento atmosferico può associarsi a peggiori esiti di COVID-19
- sono necessarie ricerche future per testare meglio l'ipotesi inquinamento atmosferico-COVID-19, in particolare utilizzando progetti di studio più solidi e misurazioni di COVID-19 meno soggette a errori e considerando le interazioni tra co-inquinanti.
Le aree verdi come protezione
Diversi studi, come descritto nella revisione sopra citata, hanno evidenziato che i
fattori ambientali che influenzano il benessere umano, come le esposizioni croniche ad
alti livelli di particolato, potrebbero influenzare indirettamente o addirittura direttamente anche la
gravità della malattia COVID-19.
Uno
studio ha indagato l'associazione tra
infezioni da COVID-19,
ricoveri o
decessi e l'
estensione del verde pubblico (km
2 per 100.000 sulla base dati OCSE 2014); è questo un indicatore che è stato scelto come variabile endpoint indipendente per testare l'ipotesi di ricerca in 10 province italiane e 8 spagnole con più di 500.000 abitanti, compresi capoluoghi (Roma e Madrid) e grandi città (Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia per l'Italia; Barcellona, Valencia, Siviglia, Saragozza, Malaga, Las Palmas e Bilbao per la Spagna).
Sono state applicate
due diverse metodologie:
- per la Spagna è stato applicato un approccio bottom-up ai dati istituzionali relativi a contagi/ricoveri/decessi ed estensione delle aree verdi pubbliche per ciascun rispondente a un questionario ufficiale nell'ambito di un'indagine a livello nazionale (con granularità dei dati dettagliata per provincia) contenente specifiche informazioni georeferenziate
- per l'Italia è stato utilizzato un approccio top-down, partendo dai dati ufficiali di contagi/ricoveri/decessi di ciascuna provincia e collegandoli alle statistiche OCSE sull'estensione del verde pubblico nelle diverse aree.
Per le analisi statistiche sono stati utilizzati modelli lineari e generalizzati che includevano anche
PM2.5 in un approccio multivariato (con concentrazioni medie annue provenienti dalle stazioni ufficiali di monitoraggio della qualità dell'aria) ed erano in grado di adeguarsi al numero di
abitanti che vivono in ciascuna provincia, al fine di tenere conto della differenza nelle
dinamiche di contagio legate alla diversa densità di popolazione.
I risultati ottenuti per la
Spagna sono coerenti con quelli osservati per l'
Italia, in quanto per entrambi i Paesi è emersa chiaramente un'
associazione statisticamente significativa tra le caratteristiche cliniche di
COVID-19 (contagi, ricoveri e decessi) e l'
estensione del verde pubblico, nonché con le
concentrazioni medie annue di
PM2.5 (con quest'ultima variabile che perde significatività statistica in alcune province).
I risultati dello studio mostrano quindi che una
maggiore estensione delle aree verdi pubbliche per provincia è significativamente associata a
esiti clinici COVID-19 meno gravi in termini di
contagi, ricoveri e soprattutto
decessi.
È stato dimostrato che l'effetto aggiustato dell'inquinamento atmosferico (vale a dire le
concentrazioni medie annuali di
PM2.5) produce
risultati simili, con i livelli più bassi di PM2,5 che riducono ulteriormente l'onere degli esiti clinici negativi.
In linea con le risoluzioni adottate alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP-26), le misure di protezione della salute pubblica nell'ottica della preparazione alla pandemia dovrebbero includere un forte impegno dei governi verso la
riforestazione e
riduzione dell'
inquinamento atmosferico.
Per saperne di più:
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The impact of air pollution on COVID-19 incidence, severity, and mortality: A systematic review of studies in Europe and North America. Carballo IH, Bakola M, Stuckler D. Environ Res. 2022 Aug 25:114155. doi: 10.1016/j.envres.2022.114155.
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COVID-19 epidemic spread and green areas Italy and Spain between 2020 and 2021: An observational multi-country retrospective study. Falco A, Piscitelli P, Vito D, Pacella F, Franco C, Pulimeno M, Ambrosino P, Arias J, Miani A. Environ Res. 2022 Aug 22:114089. doi: 10.1016/j.envres.2022.114089. |
Per approfondire: