Cerebral venous thrombosis: a retrospective cohort study of 513,284 confirmed COVID-19 cases and a comparison with 489,871 people receiving a COVID-19 mRNA vaccineMaxime Taquet, Masud Husain, John R Geddes, Sierra Luciano, Paul J Harrison.
OSF (free, open research and enable collaboration platform), 15 aprile 2021.
I ricercatori dell'Università di Oxford hanno pubblicato un articolo pre-print in cui affermano che, il
rischio di rara coagulazione del sangue, nota come trombosi venosa cerebrale (CVT),
a seguito della malattia Covid-19 è circa 100 volte maggiore del normale, molte volte superiore a quello post vaccinazione o causato dall'influenza. È da tempo noto infatti, che altre malattie virali, come l'influenza, possono causare disturbi della coagulazione: quindi non sorprende che Covid-19 abbia anche questo effetto.
Il team di ricerca, guidato dal professor Paul Harrison e dal dott. Maxime Taquet dell'Università di Oxford e del NIHR Oxford Health Biomedical Research Center, ha rilevato il
numero di casi di CVT diagnosticati nelle
due settimane successive alla diagnosi di COVID-19 e
dopo la prima dose del vaccino. Li ha poi confrontati con le incidenze di CVT
in seguito all'influenza e a
livello di popolazione generale.
I dati derivano dal
database statunitense TriNetX (TriNetX electronic health records network) e dall’
EMA (Agenzia europea per i medicinali) per i dati sul vaccino AstraZeneca, che negli Stati Uniti non è utilizzato.
I ricercatori riportano che la
CVT è più comune dopo la malattia COVID-19 rispetto a qualsiasi gruppo di confronto, con il 30% di questi casi che si verifica nei minori di 30 anni. Rispetto agli attuali vaccini COVID-19, questo rischio è 8-10 volte superiore e, rispetto ai dati di base (baseline) lo è circa 100 volte.
Il confronto dettagliato per i casi segnalati di
CVT nei pazienti COVID-19 rispetto ai casi
CVT in coloro che hanno ricevuto un vaccino COVID-19 è:
- su oltre 500.000 pazienti COVID-19, la CVT si è verificata in 39 su un milione di pazienti
- in oltre 480.000 persone che hanno ricevuto un vaccino a mRNA (Pfizer o Moderna), la CVT si è verificata in 4 su un milione
- la CVT si verifica in circa 5 persone su un milione dopo la prima dose del vaccino AZ-Oxford.
Quindi:
- rispetto ai vaccini a mRNA, il rischio di CVT da COVID-19 è circa 10 volte maggiore
- rispetto al vaccino AZ-Oxford, il rischio di una CVT da COVID-19 è circa 8 volte maggiore.
Tuttavia, tutti i confronti devono essere interpretati con
cautela poiché i
dati continuano ad accumularsi.
Incidenza di trombosi venosa cerebrale (A) e trombosi venosa della vena porta (B) per milione di persone nelle due settimane successive a eventi sanitari. I numeri tra parentesi a destra di ciascuna barra rappresentano l’intervallo di confidenza del 95%. I dati per il vaccino ChAdOx1 nCoV-19 sono presentati come riferimento e desunti dai dati dell'Agenzia europea per i medicinali (pubblicati il 7 aprile 2021).
Paul Harrison ha dichiarato: "Ci sono preoccupazioni circa le
possibili associazioni tra vaccini e CVT, che inducono i governi e le autorità di regolamentazione a limitare l'uso di determinati vaccini. Tuttavia, una domanda chiave è rimasta sconosciuta:
qual è il rischio di CVT a seguito di una diagnosi di COVID-19?".
Gli scienziati sono giunti a
due importanti conclusioni. In primo luogo,
COVID-19 aumenta notevolmente il rischio di CVT, aggiungendosi all'elenco dei problemi di coagulazione del sangue causati da questa infezione. In secondo luogo, il
rischio COVID-19 è più alto di quello rappresentato dagli attuali vaccini, anche per gli under 30. Ciò dovrebbe essere preso in considerazione quando si considerano gli equilibri tra rischi e benefici della vaccinazione.
"Questi dati dovrebbero essere interpretati con cautela - sottolinea il dottor Maxime Taquet-, soprattutto perché i dati sul vaccino Oxford-AstraZeneca provengono dal monitoraggio EMA, mentre gli altri dati utilizzano il database TriNetX. Tuttavia, i segnali che COVID-19 è collegato alla trombosi venosa cerebrale, così come alla trombosi della vena porta - un disturbo della coagulazione del fegato - sono chiari e dobbiamo prenderne atto".
I
limiti dello studio riguardano non soltanto il fatto che gli autori non sono stati in grado di esaminare i rischi di CVT associati al vaccino AstraZeneca nella stessa popolazione. Potrebbe anche esserci una
sottostima o una codifica errata della CVT nelle cartelle cliniche e quindi incertezza sulla precisione dei risultati. Gli autori infatti non hanno potuto verificare l'accuratezza della diagnosi di CVT, che sappiamo essere impegnativa, richiedendo un'adeguata competenza clinica e una scansione tempestiva delle vene del cervello.
La ricerca fornisce comunque
spunti importanti per ulteriori future indagini soprattutto sui
meccanismi con cui la malattia COVID-19 e i vaccini conducano a CVT che rimangono ad oggi un mistero. Migliore sarà la comprensione del collegamento tra vaccinazione, malattia e CVT, più facile sarà contestualizzare i rischi e aiutare le persone a decidere se desiderano essere vaccinati e se accettare la vaccinazione con un particolare vaccino.
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