23/7/2020

Infezione da Covid-19 e inquinamento dell'aria: correlazione o causalità?


Si è molto parlato di “infodemia” legata a Covid-19 e dell’importanza della Health LiteracyHealth Literacy – alfabetizzazione sanitaria per comprendere ed elaborare adeguatamente le informazioni ricevute.

In un recente editoriale, pubblicato da Epidemiologia & Prevenzione, gli autori ci fanno riflettere su come il possibile legame tra inquinamento e Covid-19 sia stato utilizzato come un nuovo filone di interesse, capace di attirare immediatamente l'attenzione di tutti, generando la possibilità di costruire una nuova cornice con un nuovo "nemico" da incolpare, corresponsabile dell'epidemia, già noto e identificato come cattivo e pericoloso.

Considerando le informazioni diffuse dai media e non da professionisti, non sorprende che i risultati degli studi di correlazione sull'inquinamento atmosferico e Covid-19 non vengano interpretati come semplice associazione, ma come relazione causa-effetto.

In Italia, sostengono gli autori, vi è considerazione verso la comunicazione scientifica, ma l’“alfabetizzazione sanitaria” è nella popolazione generalmente limitata; ciò implica una competenza inadeguata nel controllo e nella valutazione scientifica dell’informazione. Seguono nell’editoriale alcuni esempi di come i dati possono essere stati presentati enfatizzando solo alcuni aspetti.

L’importanza di considerare tutti gli aspetti per valutare il legame inquinamento-Covid-19, è stato sottolineato anche in un altro studio, che ha peraltro suggerito il titolo per questa news. Gli autori asseriscono tra l’altro che un modo appropriato di studiare e comprendere la relazione tra inquinamento atmosferico e tassi di incidenza dell'infezione da SARS-CoV-2, può essere dato dal confronto di aree geografiche caratterizzate da un simile sviluppo socioeconomico, ma sorprendentemente diverso stato ambientale (ad es. aree inquinate rispetto a quelle con bassi livelli di inquinamento).

Inquinanti e Covid: l’importanza di fonti primarie autorevoli

All’inizio del mese di aprile RIAS (Rete Italiana Ambiente e Salute) pubblicava il documento Inquinamento atmosferico e epidemia COVID-19: la posizione della Rete Italiana Ambiente e Salute in cui veniva evidenziata l’importanza di porre l’attenzione sul tema.
Nel documento erano sintetizzati gli studi già effettuati e venivano proposti specifici quesiti necessari di ulteriori approfondimenti.

In primis: “Può l'esposizione a inquinamento atmosferico, sia cronica sia acuta, avere un effetto sulla probabilità di contagio, la comparsa dei sintomi e il decorso della malattia del coronavirus causata dalla SARS-CoV-2?”

A distanza di pochi mesi dall’inizio dell’epidemia e dal documento di RIAS, sono moltissimi gli studi in corso e ne ricordiamo qui solo due svolti a livello nazionale, che sicuramente avranno importanza come fonte autorevole di dati.

  • ISS (Istituto Superiore di Sanità) e ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) con SNPA ( Sistema Nazionale per la Protezione dell'Ambiente), hanno avviato nel mese di maggio, uno studio epidemiologico a livello nazionale per valutare se e in che misura i livelli di inquinamento atmosferico siano associati agli effetti sanitari dell’epidemia. Lo studio sarà svolto in collaborazione con gli esperti della Rete Italiana Ambiente e Salute per garantire un raccordo con le strutture regionali sanitarie ed ambientali. Gli obiettivi di "EpiCovAir" , questo il nome, verteranno sul ruolo dell’esposizione al particolato atmosferico (PM) nell’epidemia di COVID-19 nelle diverse aree del Paese, per chiarire in particolare l’effetto di tale esposizione su distribuzione spaziale e temporale dei casi, gravità dei sintomi e prognosi della malattia, distribuzione e frequenza degli esiti di mortalità. La risposta a tali quesiti dovrebbe essere associata a fattori quali età, genere, presenza di patologie preesistenti alla diagnosi di COVID-19, fattori socio-economici e demografici, tipo di ambiente di vita e di comunità (urbano-rurale, attività produttive).
  • Il lancio di EpiCovAir segue l’avvio dell’altra iniziativa, PULVIRUS promossa da ENEA, ISS e ISPRA-SNPA, che valuterà le conseguenze del lockdown sull’inquinamento atmosferico e sui gas serra e le interazioni fra polveri sottili e virus.

Quali i possibili meccanismi di interazione tra inquinamento atmosferico e Covid-19?

Svariati sono gli studi in corso per rispondere a questo quesito.
  • Uno studio del San Raffaele, appena pubblicato sul Journal of Infection, indaga il fenomeno in Italia e propone per la prima volta un meccanismo biologico in grado di spiegare il ruolo dell’inquinamento atmosferico. Nelle aree in cui si è diffusa l'epidemia di SARS-CoV-2 le concentrazioni di inquinanti atmosferici superano ampiamente i limiti massimi. L'esposizione cronica agli inquinanti atmosferici è stata associata alla sovraespressione polmonare ACE-2 che è nota per essere il recettore principale per SARS-CoV-2. Lo scopo dello studio è stato analizzare la relazione tra la concentrazione di inquinanti atmosferici (PM 2.5 e NO2) e l'epidemia di COVID-19, in termini di trasmissione, numero di pazienti, gravità della presentazione e numero di decessi. I casi COVID-19, i ricoveri in terapia intensiva e il tasso di mortalità erano correlati alla gravità dell'inquinamento atmosferico nelle regioni italiane. Il numero più alto di casi COVID-19 è stato registrato nelle regioni più inquinate con pazienti che presentavano forme più gravi della malattia che richiedevano l'ammissione in terapia intensiva. In queste regioni, la mortalità era due volte superiore rispetto alle altre regioni.
  Sulla base dei dati disponibili, è proposta la “double-hit" hypothesis:
- l'esposizione cronica a PM 2.5 causa sovraespressione al recettore ACE-2 alveolare. Ciò può aumentare la carica virale nei pazienti esposti a sostanze inquinanti a loro volta impoverendo i recettori ACE-2 e compromettendo le difese dell'ospite
- l'NO2 ad alta atmosfera può fornire un secondo colpo causando una forma grave di SARS-CoV-2 nei polmoni impoveriti di ACE-2 con conseguente esito peggiore.
inquinamento pm covid no2Immagine tratta dallo studio Severe air pollution links to higher mortality in COVID-19 patients: The "double-hit" hypothesis
È noto che il particolato atmosferico funziona da carrier, ovvero da vettore di trasporto, per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus. I virus si “attaccano” (con un processo di coagulazione) al particolato atmosferico, costituito da particelle solide e/o liquide in grado di rimanere in atmosfera anche per ore, giorni o settimane, e che possono diffondere ed essere trasportate anche per lunghe distanze. 

Il particolato atmosferico, oltre ad essere un carrier, costituisce un substrato che può permettere al virus di rimanere nell’aria in condizioni vitali per un certo tempo, nell’ordine di ore o giorni. Il tasso di inattivazione dei virus nel particolato atmosferico dipende dalle condizioni ambientali: mentre un aumento delle temperature e di radiazione solare influisce positivamente sulla velocità di inattivazione del virus, un’umidità relativa elevata può favorire un più elevato tasso diffusione del virus cioè di virulenza.

Nel documento veniva anche precisato che: le curve di espansione dell’infezione nelle regioni presentano andamenti perfettamente compatibili con i modelli epidemici, tipici di una trasmissione persona persona, per le regioni del sud Italia, mentre mostrano accelerazioni anomale proprio per quelle ubicate in pianura padana in cui i focolai risultano particolarmente virulenti e lasciano ragionevolmente ipotizzare ad una diffusione mediata da carrier ovvero da un veicolante.

Le fasi in cui si evidenziano questi effetti di impulso ovvero di boost sono concomitanti con la presenza di elevate concentrazioni di particolato atmosferico che in regione Lombardia ha presentato una serie di andamenti oscillanti caratterizzati da tre importanti periodi di sforamenti delle concentrazioni di PM10 ben oltre i limiti.
Vi si legge:
PM può svolgere un ruolo di carrier per SARS-CoV-2? Difficilmente plausibile.
PM può svolgere un ruolo nel processo di infiammazione sostenuto da SARS-CoV-2? Possibile e plausibile sulla base delle interazioni molecolare

Le diverse posizioni ci fanno ancor più riflettere sulla fondamentale importanza degli studi in corso.


Per saperne di più:

quadratino Covid-19 and air pollution: communicating the results of geographic correlation studies.
Cori L, Bianchi F. Epidemiol Prev. 2020 Mar-Jun;44(2-3):120-123.

quadratino SARS-CoV-2 infection and air pollutants: Correlation or causation?
Riccò M, Ranzieri S, Balzarini F, Bragazzi NL, Corradi M. Sci Total Environ. 2020 Sep 10;734:139489.

quadratino RIAS (Rete Italiana Ambiente e Salute) 2020 Inquinamento atmosferico e epidemia COVID-19: la posizione della Rete Italiana Ambiente e Salute

quadratino ISS 2020, 7 maggio. Qualità dell'aria e COVID-19, c'è bisogno di risposte

quadratino ENEA 2020, 29 aprile. Progetto PULVIRUS su legame fra inquinamento e COVID-19

quadratino Severe air pollution links to higher mortality in COVID-19 patients: The "double-hit" hypothesis
Frontera A, Cianfanelli L, Vlachos K, Landoni G, Cremona G. J Infect. 2020 May 21

quadratino SIMA (Società Italiana di Medicina Ambientale) 2020 Relazione circa l’effetto dell’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di virus nella popolazione

quadratino Colacci. Plausibilità biologica – Slide presentate al Webinar Inquinamento atmosferico e COVID-19

quadratino Fondazione Internazionale Menarini. Progetto RespiraMi 15 luglio 2020. Webinar - respirami - air pollution and covid-19: mechanisms, preliminary findings and ways ahead




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